Nel 2018 tornai a Parigi per rivedere Amore e Psiche, il capolavoro di Antonio Canova esposto al Louvre, e me ne innamorai perdutamente. Rientrato dalla Francia, visitai la Gypsoteca di Possagno per approfondire lo studio di questo straordinario artista e delle sue opere.
Fu allora che, nella sua casa natale, notai un simbolo insolito dipinto su un caminetto: un uroboro, il serpente che si morde la coda, antico emblema greco dell’eternità e del ciclo infinito della vita. Al suo interno erano raffigurati i tre strumenti fondamentali dell’arte pittorica e scultorea: il pennello, la spatola e il punteruolo. Con questo logo, Canova evocava la rinascita dei capolavori dell’antica Grecia e la continuità dell’arte nel tempo.
In quel periodo stavo lavorando ai miei primi prototipi cubisti in vetro di Murano e alle mie lampade futuriste. Quella scoperta fu una rivelazione: decisi di stilizzare il logo di Canova come simbolo della mia arte con l’intento di dare nuova vita alle sue sculture e a quelle dei grandi maestri del passato, reinterpretandole in chiave contemporanea.